sabato 20 febbraio 2010

SPIE & SPIE.Storie vere per palati fini.

Mossad, giallo da Dubai a Dublino.
In tutta Europa e Medio Oriente
caccia ai killer anti-Hamas.


Vi racconterò tre storie.
Due sono vere e realmente accadute mentre la terza è frutto della fantasia(neanche tanto fantasia poi)di un maestro di romanzi di spionaggio, ed ex spia a suo tempo.
La prima storia è relativa ad una vicenda romanzesca ma assolutamente successa e raccontata persino in un libro da uno dei suoi protagonisti. Infatti,nell'autunno del 1981, il giornalista George Jonas incontra l'ex agente Avner, e lo convince a raccontare la sua storia in un libro intitolato "La Vendetta."

Faccio un riassunto dei fatti per capire il perchè del titolo.
Il 5 settembre 1972, un commando palestinese di Settembre Nero fa irruzione nel villaggio olimpico di Monaco e sequestra alcuni atleti israeliani. L'azione si concluderà con un bagno di sangue: moriranno undici atleti, sette terroristi e un poliziotto tedesco. Subito il Mossad organizza una rappresaglia: undici persone legate al terrorismo palestinese e ai fatti di Monaco dovranno morire. Un agente e altri quattro uomini vengono incaricati della missione. Il risultato sarà una lunga scia di sangue.
La seconda storia è la seguente.
Nel 1983, John Le Carré, pubblica un romanzo dal titolo "La Tamburina".Il romanzo si ispira ai fatti sopra descritti e racconta una storia intrigante, piena di realismo e magia spionistica.

Ecco anche quì un riassunto della storia.
Charlie è un'attrice, un po' frustrata, ma amante della vita e del suo lavoro, per il quale è molto apprezzata. Non nasconde le sue simpatie per la causa palestinese e, ad una riunione politica, appare affascinata da un uomo misterioso e incappucciato, che ne illustra con forza le rivendicazioni. Qualcuno di altri ambienti ha notato Charlie: le viene proposto di andare con una troupe in un Paese del Medio Oriente, per girarvi uno "short" pubblicitario. Ma non è che un espediente: è il servizio di controspionaggio israeliano che ingaggia Charlie e comincia ad addestrarla, con il preciso scopo di farla lavorare tra i palestinesi. Comincia così per la donna un faticoso lavoro di indottrinamento, di acquisizione di dati e notizie e di addestramento. Essa conosce Joseph (che è palestinese di nascita, ma lavora per il servizio), incontra personaggi vari (ma mai lo sconosciuto della famosa riunione), è al corrente di attentati, ricatti e torture, per essere alla fine trasferita in Libano, dove stabilisce contatti con l'altra parte. E anche là si rende conto di torture e lotte analoghe e di un altro estremismo. Obiettivo principale da centrare è, per gli israeliani, l'inafferrabile Khalil, un capo prestigioso. Charlie riesce a contattarlo e ne diviene l'amante: nell'attacco finale, da parte degli agenti israeliani, alla villa in cui i due si trovano e mentre Khalil scopre che la donna è un agente nemico, l'uomo viene ucciso.

Oggi,un'altra storia vera, una nuova "Vendetta".

La spietatezza dei servizi segreti è nota.
Ma quella dimostrata dal Mossad è veramente straordinaria.
Capacità, abilità, mezzi e motivazioni certo non mancano agli agenti israeliani.
Ma ogni volta ci stupiscono con le loro imprese.
Non hanno pari e non ho mai letto di imprese di altri servizi segreti anche quelli più qualificati, compiere azioni sul suolo nemico, ottenendo i risultati attesi.
Dunque, ecco cosa è successo in pieno 21° secolo,raccontato molto bene da una bravissima giornalista de La Stampa che riporto volentieri perchè mi ha affascinato essendo oltretutto io fan di John Le Carrè.
FRANCESCA PACI
LONDRA
E' il 20 gennaio, mercoledì. Il fisioterapista trentasettenne Stephen Daniel Hodes gioca con i due figli nell'appartamento di Ramat Beit Shemesh, vicino a Gerusalemme, dove vive dal 2000, quando ha lasciato Londra per l'aliyah, il ritorno.

La vittima, Mahmoud al-Mabhouh, all'arrivo in albergo a Dubai

Nelle stesse ore un altro Stephen Daniel Hodes si registra con il suo passaporto al Bustan Rotana Hotel di Dubai per uccidere il comandante di Hamas Mahmoud al-Mabhouh e dissolversi nel nulla. Sembra l'inizio sincopato d'un film di spionaggio ma è la fine della liaison diplomatica tra Israele e Gran Bretagna, novelli partner nella guerra globale al terrorismo. Mentre la polizia dell'emirato arabo accusa «al 99%» il Mossad dell'eliminazione di al-Mabhouh, il Foreign Office chiede spiegazioni all'ambasciatore israeliano Ron Prosor: come mai 6 degli 11 membri del commando incaricato di eliminare il leader di Hamas (che diventano 18 considerando i presunti fiancheggiatori) avevano documenti britannici? Da Berlino a Parigi, altre capitali decidono passi analoghi, interrogandosi su come siano finiti in mano ai killer passaporti dei loro paesi.

Per orientarsi nel labirinto delle domande bisogna fare qualche passo indietro. Mahmoud al-Mabhouh nasce nel 1960 in un campo profughi a Gaza. Meccanico di mestiere e bodybuilder per passione, si arruola presto tra le fila delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas, e nel 1989, dopo la prova del fuoco nella prima Intifada, partecipa all'assassinio di due militari israeliani. Da quel momento svanisce. Lo ritroviamo a Beirut, dove scampa a un tentativo di avvelenamento, in Siria, sopravvissuto a un'autobomba, eminenza grigia in continuo movimento tra le capitali arabe da cui manovra il traffico di denaro e munizioni. Sostengono gli 007 di Tel Aviv che sia stato lui il tramite dei missili iraniani a lungo raggio forniti ai palestinesi. L'ultima apparizione il mese scorso a Dubai per incontrare un misterioso contrabbandiere d'armi di Teheran. L'esca. Sei ore dopo essere atterrato nell'emirato, al-Mabhouh giace senza vita nella lussuosa stanza al secondo piano del Bustan Rotana Hotel.

Cosa è successo nel frattempo? Sulla dinamica la polizia di Dubai non ha più dubbi. Dal momento del suo arrivo il comandante di Hamas ha alle costole 16 uomini e 2 donne dotati di cellulari con simcard austriaca e passaporti «non falsi», ladri d'identità speculari alle loro vittime ad eccezione della firma e della foto. Tre risultano irlandesi, uno tedesco, uno francese, sei hanno cittadinanza britannica e israeliana. Sarebbe questo elemento a suggerire la responsabilità del Mossad, già coinvolto in passato in omicidi mirati all'estero sotto copertura di documenti stranieri, anche se esperti d'intelligence come Ephraim Kam e Rafi Eitan invitano a leggere in profondità: «Il Mossad non avrebbe interesse a utilizzare nomi di cittadini israeliani».

Il capo dei servizi israeliani rischia il posto, la polizia di Dubai ne vuole l'arresto, ma il giallo è ben lungi dall'epilogo. Anche perché, nel frattempo, i fratelli coltelli di Hamas e Fatah, mai riconciliati dalla guerra civile del 2007, continuano ad accusarsi a vicenda d'intelligence con il nemico. A chi fanno capo i tre palestinesi complici del commando, gli unici nelle mani della polizia? Gli investigatori di Dubai stanno interrogando Ahmad Hasnain e Anwar Shekhaiber, ex funzionari dell'entourage del presidente Abu Mazen reinventatisi businessman negli Emirati che tra il 18 e il 19 gennaio avrebbero incontrato alcuni degli assassini prima di svignarsela in Giordania. «Ecco la prova del coinvolgimento di Fatah», tuona da Gaza Hamas. Che dire però di Nehru Massud, il fedelissimo del numero uno di Hamas Khaled Meshal sotto torchio a Damasco perché sospettato d'aver aiutato gli israeliani a mettere a punto il colpo? Meshal nega, ma secondo il quotidiano kuwaitiano al Siyasah, che cita «una fonte bene informata», sarebbe Massud l'uomo visto in compagnia di al-Mabhouh, senza guardie del corpo, la mattina del 20 gennaio.

Quel giorno alle 8,24 Mahmoud al-Mabhouh torna al Bustan Rotana Hotel. Al desk intorno a lui le telecamere riprendono una donna con pantaloni bianchi e un cappello da mare a righe. C'è anche un tipo in panama. Al secondo piano stanno in agguato in quattro, berretti da baseball, t-shirt, il team esecutivo. Il tempo che il leader di Hamas entri in camera e gli sono addosso, uccidendolo con scariche elettriche. Poi gli assassini prendono l'ascensore e tornano sui loro passi. Dopo venti minuti lascia l'albergo l'ultimo membro del commando, l'irlandese Gail Folliard, occhiali da sole e parrucca nera. Fine della storia, per ora. Le Carrè non avrebbe potuto immaginare di meglio.

domenica 7 febbraio 2010

Sette Savi. Una lezione di vita

Vi racconto una storia vecchia di molti secoli ma che potrebbe essere benissimo collegata con l'attuale realtà politico-sociale.
Non voglio dire con questo che dobbiamo tornare indietro.
Voglio dire però che dobbiamo imparare da chi ha cercato di indicarci come diventare migliori, attraverso una scienza ed una disciplina la Filosofia, che secondo me rappresenta la madre di tutte le scienze.
Già l'etimologia della parola filosofia è tutta una poesia.
Filos = amico
Sofia = sapienza.

Esistevano nell'antica Grecia sia i filosofi che i cosidetti savi.
Con l'ausilio di Wikipedia, cercherò per i miei lettori di sintetizzare e trarre dai loro insegnamenti, almeno un'indicazione che si possa considerare valida persino oggi.

Si indicano come i sette savi o i sette sapienti (in greco: οἱ ἑπτά σοφοί, hoi hepta sophoi) alcune personalità pubbliche dell'antica Grecia vissute in un periodo compreso tra la fine del VII ed il VI secolo a.C. (tra circa il 620 a.C. ed il 550 a.C.), esaltate dai posteri come modelli di saggezza pratica ed autori di massime poste a fondamento della comune sensibilità culturale greca.
Nonostante siano in genere indicati tra i primordi della coscienza speculativa greca e compaia tra di essi colui che è solitamente considerato come il primo filosofo, Talete di Mileto, non tutti sono da considerarsi pienamente filosofi, poiché il loro interesse è principalmente rivolto alla condotta pratica e non alla speculazione.
Platone, che fu il primo ad enumerare i sette savi (nel Protagora – 343a), li elenca così:
«Di questi vi era Talete di Mileto, Pittaco di Mitilene, Biante di Priene, il nostro Solone, Cleobulo di Lindo, Misone di Chene e per settimo si diceva ci fosse anche Chilone spartano»
Oltre all’attività politica presso le loro città-stato, a contribuire alla fama dei Sette Savi fu il patrimonio di sentenze e massime - vale a dire di osservazioni e consigli - a loro attribuite, che in seguito furono spesso citate nelle orazioni degli antichi.
Del pensiero dei sette sapienti non ci è giunta d'altra parte alcuna opera organica, anche se è possibile identificare tratti comuni tra le singole sentenze, che si caratterizzano per la loro lapidaria laconicità e cioè brevità nelle parole ma profondità immensa nel significato. Già Platone lodava tali brevi motti, detti massime gnomiche o sapienziali (dal greco γνώμη gnōme, sentenza sapienziale), come il frutto più pregiato delle riflessioni degli antichi Savi.
Il primo campo ad essere esplorato dalle massime dei sapienti greci fu, com'è ovvio, il campo politico e l'essenza dello Stato o, meglio, della polis come comunità ideale.
Plutarco ci espone nella sua opera Il convito dei sette Savi (in greco: Συμποσιακά τῶν ἑπτά σοφών - Symposiaka tōn hepta sophōn), a sua volta una parte dei Moralia, alcune massime dei Sette in merito.

Alla richiesta su quale fosse lo Stato migliore questa fu la risposta:

Solone: "Lo Stato nel quale coloro che non hanno ricevuto alcun torto perseguono e puniscono i colpevoli, non meno di quelli che hanno ricevuto ingiustizia."

Biante: "Quello dove la legge è temuta da tutti come se fosse un tiranno."

Talete: "Quello che non ha né troppi poveri né troppi ricchi."

Anacarsi: "Quello in cui ognuno considera ogni cosa e giudica nel contempo il vantaggio secondo la misura dell'onesto e lo svantaggio secondo quella del disonesto."

Cleobulo: "Quello dove i cittadini temono un rimprovero più delle guardie."

Pittaco: "Quello dove non sia possibile che i disonesti governino e gli onesti non
governino."

Chilone: "Quello dove si ascoltano le leggi e non gli oratori."

Spero solo che ciò che ho pubblicato faccia da stimolo nel voler studiare il pensiero di questi nostri antichi padri.
Penso anche che per fare questo non bisogna andare all'Università ma, grazie alla rete, si potrà trovare quel poco di tempo necessario per nutrire la nostra mente e curare la nostra anima.
Grazie