lunedì 29 dicembre 2008

Agenda Internazionale:Il traffico di organi nei Balcani e le Nazioni Unite

Continuo ad illudermi che le coscienze oneste e le menti libere ovunque si trovino, possano finalmente ribellarsi per ristabilire la VERITA' storica e fare giustizia.
Tutta la comunità internazionale, tranne pochi paesi, dovrà rispondere un giorno davanti a DIO oppure agli UOMINI di buona volontà e spiegare il perchè di tale crimine e il perchè di tale ipocrisia e omertà.
E' stato commesso UN CRIMINE contro persone.
Lo hanno commesso gli albanesi terroristi dell'UCK.
Come mai vengono denunciati soltanto i crimini commessi dai serbi e dai croati e da chiunque altro, mentre le Nazioni Unite, la Svizzera, la CLinton connection, il Tribunale internazionale ed altre benemerite organizzazioni del genere tacciono sul vergognoso traffico di organi umani estratti dai cadaveri di gente uccisa apposta?
Pubblico il seguente, straordinario come sempre, reportage tratto da La Rinascita Balcanica.

Il traffico di organi nei Balcani e le Nazioni Unite

"Dopo che è stato scoperto che dalla copia del rapporto ONU del 2000 sul caso del traffico di organi tra Albania e Kosovo sono state sottratte ben 9 pagine, viene rivelato che lo stesso rapporto parla dell’esistenza di una fossa comune ad un chilometro e mezzo da Burrel, Albania. Secondo le indagini della squadra delle Nazioni Unite, guidate da José Pablo Barajbar, il quella fossa sono stati probabilmente seppelliti i corpi di serbi, rom e albanesi oppositori dell’UCK, divenute poi vittime del traffico d'organi. (Foto: Ramush Haradinaj, ex membro dell'UCK)
Il controverso caso del traffico di organi tra Kosovo ed Albania dei prigionieri serbi, potrebbe giungere ad una svolta dopo che verranno rese note le indagini delle autorità serbe e delle Nazioni Unite. Dopo che le rivelazioni di Carla del Ponte hanno sconvolto il popolo serbo, le indagini condotte dalla Procura serba hanno avuto una diversa attenzione da parte della Comunità Internazionale, pur incontrando ancora molteplici ostacoli. L’Albania ha infatti respinto ogni cooperazione con la Serbia per formare una squadra comune composta da ricercatori serbi, albanesi e rappresentanti della Comunità Internazionale. Contemporaneamente, il procuratore serbo Vladimir Vukcevic si è recato un mese fa a New York per esporre i risultati del dossier elaborato dalla Serbia, chiedendo in consegna una copia del rapporto della missione ONU del 2000, dal quale erano state sottratte ben 9 pagine, le quali contenevano i nomi delle persone coinvolte direttamente nel sequestro e nella deportazione dei serbi.

Secondo alcune fonti, il rapporto dell’ONU del 2004 rileva l’esistenza di una fossa comune ad un chilometro e mezzo da Burrel, Albania, nella quale - secondo le stesse indagini della squadra delle Nazioni Unite - sono stati probabilmente seppelliti i corpi di serbi, rom e albanesi oppositori dell’UCK, divenute poi vittime del traffico d'organi. Il rapporto ONU 2004 non è stato ancora presentato, nonostante sia stato richiesto già due volte dalla procura serba. Secondo lo stesso rapporto, gli organi venivano sottratti ai corpi in un cementificio nei pressi di Burrel, per essere poi preparati per il loro traffico nel mercato europeo. Sembra che all’interno del dossier, siano stati inserite anche le foto del cementificio e della fossa, con ulteriori dettagli dei crimini compiuti nella casa gialla d’Albania, come strumenti chirurgici e medicine. José Pablo Barajbar, membro della squadra d’investigazione ONU, ha confermato per AFP che la sua squadra ha svolto delle indagini preliminari sul traffico di organi. Rispondendo alle domande sulla reale esistenza del traffico di organi, Barajbar ha affermato che vi sono delle possibilità che tali crimini siano stati compiuti, e che serbi, rom e anche albanesi, siano stati deportati in Albania. Tuttavia, sembra davvero strano che Barajbar confermi solo ora le indagini ONU, dopo che è stato più volte accusato - anche dagli stessi colleghi membri del team di inchiesta - di aver negato l’esistenza di un'indagine sul traffico d’organi in Kosovo, nella quale egli stesso ha partecipato nel 2000, mentre esistono forti sospetti che sia lui il responsabile dell’occultamento delle 9 pagine del rapporto ONU.

Dalle indagini del team serbo, la "casa gialla" sembra sia servita per preparare i pazienti alle operazioni, che invece si tenevano presso la clinica psichiatrica di Burrel, detta "carcere 320". I prigionieri venivano deportati in vari villaggi albanesi, come Kukes, Bajram Curri, Koljs, attraverso un tunnel che collegava il Kosovo con l’Albania, nonché attraverso le frontiere non controllate di Caf, Prshit e Vrbnica. La procura serba ha scoperto inoltre che il Premier albanese Sali Berisha è collegato a Ramush Haradinaj, direttamente coinvolto nel traffico di organi dal Kosovo. Si sospetta che, proprio per questo motivo, gli ufficiali albanesi abbiano rifiutato ogni collaborazione con la Serbia. Rifiuto che è giunto poco dopo la visita di Ramush Haradinaj in Albania per incontrare Sali Berisha. Secondo la procura serba questa visita ha avuto come scopo quello di concordare la distruzione delle prove esistenti sul territorio albanese che riconducono alla mano di Haradinaj, come le tracce che conducono alle carceri e ai luoghi in cui avvenivano le operazioni sui prigionieri.
Le prove in possesso della Procura per i crimini di guerra di Belgrado dimostrano che Ramush Haradinaj, dopo la guerra nel 1999, si recava spesso in Albania per gestire personalmente il traffico di essere umani, che dalla miniera di Kruma in Kosovo, venivano deportati in Albania. Secondo la Procura, Haradinaj si recava in Albania in aereo, almeno una volta al mese, per poi fare ritorno con una borsa piena di soldi. Fonti della polizia serba sottolineano che, nel mese di settembre, sono giunti in Albania, oltre che Ramush Haradinaj, anche Hashim Tachi, Hafer Haliti e i Generali Sulejman Selimi e Sami Lushtaku, per gli stessi motivi. Tutti loro posseggono a Pristina decine di immobili , sicuramente acquistati con i soldi del traffico di organi e altre attività criminali.

Per far luce sul collegamento Albania-Kosovo, il Consiglio Europeo ha pianificato l’invio di un loro rappresentante, Dick Marty, a Tirana e a Belgrado. Questi dovrà esaminare le prove e i fatti evidenziati dal fascicolo del traffico di organi, detto "33-08", nonché i dettagli sui conti correnti bancari delle persone che inviano donazioni per finanziare l’UCK. Tra questi vi sono anche i fondatori di varie ONG, utilizzate per deviare il percorso del denaro per raccolto nel traffico degli organi. Resta ora da vedere cosa scoprirà il fascicolo di Dick Marty, per far luce non solo sui personaggi coinvolti nel traffico di organi, ma anche per dare delle risposte chiare ai familiari dei serbi, rom e albanesi che hanno perso la vita dei propri cari."

domenica 28 dicembre 2008

ANNO NUOVO, BUONE NUOVE

Forse adesso ci siamo.
Forse è la volta buona.

Su "La Stampa" la grande notizia:
Berlusconi pronto alla fuga: "Se escono
le mie telefonate lascio l'Italia"
«Io continuo a telefonare normalmente», assicura il presidente del Consiglio, «ma il giorno che venisse fuori una mia telefonata di un certo tipo, me ne andrei in un altro paese, scapperei via».


Viene spontaneo lanciare un appello a tutti gli uomini di buona volontà!
Facciamo "piangere il telefono"!
Visto che Berlusca ha tutto il potere in mano (politico, economico, mediatico, industriale ed ora anche giuridico), non rimane che un POTERE con la P maiuscola.
Il Potere della FANTASIA e dell'INVENTIVA.
Due qualità e virtù di cui gli italiani sono ben dotati.
Non dubito che qualcuno escogiterà il sistema e farà in modo che Silvio il quale si vanta di mantenere sempre le promesse, MANTENGA ANCHE QUESTA.
Buon Anno a tutti e diamoci da fare!

giovedì 25 dicembre 2008

NATALE 2008


Natale è sempre Natale!
Questo Natale però per me è stato un po' diverso ed in attesa di altri, spero tanti, ancora più significativi, me lo tengo stretto e caro.
Io sono un padre fortunato.
Oltre ad avere due figlie bravissime, ho avuto anche la fortuna che abbiano incontrato due ragazzi ancora più bravi di loro.
Mika e Riccardo.
Cosa mi hanno combinato dunque i due che considero come i figli maschi della mia famiglia?!
Hanno scovato e mi hanno regalato un profumo che ha come nome, il titolo del mio blog e che io uso come identificativo di me stesso dato che il mio nome comincia con π e sono greco.
E' un Natale molto particolare per me e anche diverso.
GRAZIE RAGAZZI!!!!

lunedì 8 dicembre 2008

FINO A QUANDO?

Fino a quando la povera Grecia dovrà subire l'anarchia e le provocazioni di gente al soldo dei professionisti del caos, pagati addestrati ed inviati apposta per creare le condizioni di illegalità e di impunità per i loro loschi disegni?

Questa è la testimonianza di una persona normale che spiega quanto sta accadendo e che costituisce la risposta ai nostri perchè ed ai nostri come mai.
E' pubblicata su LA STAMPA del 8 Dicembre 2008.


"GIACOMO GALEAZZI
E’ stata una tragedia annunciata, sono mesi che gruppi di giovanissimi anarchici distruggono aule universitarie e mandano in frantumi vetrine di banche e negozi. Sabato notte nell’escalation di tensione, un poliziotto ha perso il controllo e ha sparato. Adesso è una catastrofe perché in strada sono scesi migliaia di figli di papà che sfruttano il pretesto per sfogare la loro violenza». Tra gli ateniesi travolti dalla «guerriglia urbana» c’è l’ingegnere Alexandros Tictopulos, fedele dell’archimandrita Nectario Moioli, parroco della chiesa greco-ortodossa di Sant’Ambrogio a Pavia. Un uomo d’estrazione moderata finito nel gorgo di una protesta giovanile.

La sua testimonianza nell’Atene «messa a ferro e fuoco» è gridata al telefonino, mentre «si susseguono senza esito le cariche della polizia». Cosa vede nelle strade di Atene? «Mi trovo in mezzo a un caos terribile, da guerra civile. I poliziotti devono affrontare le barricate. I ragazzi lanciano bombe molotov, pezzi di legno, lamiere, pietre. Hanno bruciato banche, macchine, locali. Ci sono fiamme e fumo ovunque, la polizia non riesce ad avvicinarsi ai focolai perché è bersagliata da tutti i lati. Frange di giovani con il volto coperto assaltano i centri commerciali armati di bastoni e spranghe. La gente è terrorizzata, resta chiusa in casa e sta dalla parte dei poliziotti. L’aria è irrespirabile perché i gruppi radicali hanno incendiato anche i bidoni dell’immondizia e gli agenti cercano di disperderli coi gas lacrimogeni. Molti svengono perché non si riesce a respirare».

Sono anarchici come il ragazzo ucciso? «No, questi che manifestano ora non sono balordi né disperati di periferia. Hanno tutt’altra estrazione, sono di buona famiglia, figli di miei colleghi ingegneri, di medici, di professionisti agiati. Le loro madri fanno shopping nei negozi che loro devastano. Sfruttano la tensione generale per azioni violente. E’ una furia selvaggia, senza colore politico. Appiccano incendi e spaccano tutto perché sentono che in mezzo ai disordini possono fare impunemente quello che vogliono. Per dieci che finiscono in manette, cento la fanno franca. Tirano molotov e si nascondono nei condomini. La polizia non riesce a venirne a capo perché non si tratta solo di cortei di estrema sinistra sfociati in scontri.

E’ un terreno indefinibile di violenza diffusa che trova linfa non tra gli emarginati ma tra giovani ricchi e fuori controllo». Perché la considera una catastrofe annunciata? «E’ da parecchio tempo che gli anarchici prendono di petto la polizia davanti alle scuole, nelle piazze, nei concerti. Mettono a soqquadro intere zone di Atene e c’è chi simpatizza per loro. Vivono ai margini della società ma trovano sponda in ambienti benestanti che se ne servono per creare disordini e mettere in difficoltà le forze dell’ordine. La quasi totalità dei cittadini invoca severità nelle strade, ma siamo tenuti in scacco da bande di delinquenti spalleggiati dai figli della buona borghesia. Non è una rivolta, bensì una una furiosa esplosione di rabbia che prende di mira supermercati, boutique, istituti di credito. Spargono macerie, fumo nero e carcasse di auto. Non sono rivendicazioni contro il governo o proteste di popolo per le conseguenze della crisi economica. E’ brutale e cieca violenza da Arancia meccanica. Tutti siamo sotto tiro».

Di chi è la colpa? «E' terribile che un ragazzo di 16 anni abbia perso la vita e va scoperto cosa è davvero successo nel quartiere Exarchia. Però a soffiare sul fuoco della protesta non sono i suoi amici anarchici. A scatenare l'inferno è quella "zona grigia" che non aspettava altro. Attendeva che ci scappasse il morto per trasformare Atene in un campo di battaglia. Non lo fanno per senso di giustizia o per vendicare un ragazzo ucciso. Scene simili non si erano mai viste e il pericolo è che d'ora in poi questi teppisti troveranno sempre un appiglio, una finta giustificazione per da sfogo alla violenza»."

mercoledì 3 dicembre 2008

I MARMI DEL PARTENONE






Il marchio di Patrimonio mondiale dell'umanità.









"Ciechi gli occhi che non versano lacrime vedendo, O Grecia amata, le tue sacre membra razziate da profane mani inglesi, che hanno ferito ancora una volta il tuo petto dolente, e rapito i tuoi dèi, dèi che odiano l'abominevole nordico clima d'Inghilterra"
Lord Byron, "Il pellegrinaggio del giovane Aroldo"

Lontani dalla loro terra natìa, i marmi del Partenone sono rimasti al British Museum per oltre 150 anni. Ciò ha significato continue trattative tra il governo greco, che ne chiede la restituzione, e il governo inglese che, insieme all'amministrazione del British Museum, continua a rifiutarla. "Quod non fecerunt Gothi, hoc fecerunt Scoti" "Ciò che non fecero i goti, lo fecero gli scozzesi"
Graffito ad Atene, 1813

COSA SONO I MARMI DEL
PARTENONE?

Quando il Partenone fu costruito, tra il 447 a.C. e il 432 a.C. , per la sua decorazione furono creati tre gruppi di sculture: le metope, il fregio e le sculture dei frontoni. Fra questi, le metope ed il fregio facevano parte della struttura stessa del Partenone: non furono prima realizzati e successivamente collocati sul tempio, ma scolpiti direttamente in situ, a costruzione ultimata.
Le metope erano singole sculture in altorilievo. Esistevano originariamente 92 metope, 32 su ciascuno dei lati lunghi e 14 su ognuna delle due fronti. Ogni metopa era separata dalla successiva da una semplice decorazione architettonica, il triglifo.
Le metope erano disposte tutt'intorno all'edificio, al di sopra della fila esterna di colonne, e raffiguravano varie battaglie mitologiche. Sul lato nord erano rappresentate scene della guerra di Troia; il lato sud era dedicato alla Centauromachia, la battaglia tra i Lapìti e i Cenaturi (metà uomini, metà cavalli); sulla facciata orientale erano raffigurati gli dèi dell'Olimpo in lotta contro i giganti, mentre a est era rappresentata la battaglia tra i Greci e le Amazzoni.
Il fregio, lungo 160 metri, era disposto al di sopra delle mura della cella, all'interno del peristilio (la fila di colonne esterne), e non era quindi immediatamente visibile. Si tratta di un'unica, continua scultura in bassorilievo, e rappresenta la processione al tempio in occasione delle festività Panatenaiche.
Ad entrambe le estremità del tempio, negli ampi spazi triangolari del timpano, erano collocate le statue dei frontoni. Erano realizzate in modo da riempire tutta l'area del triangolo, cosicchè quelle collocate sotto il vertice superiore, risultavano enormi. Le sculture dei frontoni hanno subìto danni così gravi che sappiamo cosa rappresentavano solo dagli scritti del viaggiatore e scrittore greco Pausania, attivo intorno al 150 d.C. Secondo la sua testimonianza, le sculture del frontone est rappresentavano la nascita di Atena dalla testa di Zeus, mentre sul frontone ovest era rappresentata la lotta tra Atena e Posidone per il possesso dell'Attica.
La vera gloria del tempio era però ospitata al suo interno. La statua della dèa Atena era alta circa 12 metri, realizzata in oro e avorio su una struttura lignea. La statua fu gravemente danneggiata intorno al 200 a.C. e fu probabilmente sostituita nel 165-160 a.C. Diversamente dalle altre sculture del Partenone, realizzate in marmo, la statua non sopravvisse oltre l'antichità.
Non tutte le sculture del Partenone, comunque, sono pervenute sino a noi. Il fregio era originariamente composto da 115 pannelli. Di questi 94 esistono ancora, integri o lesionati. 36 si trovano ad Atene, 56 sono al British Museum ed uno è al Louvre. Delle originarie 92 metope , 39 sono ad Atene e 15 a Londra. Diciassette statue dai frontoni, compresa una Cariatide ed una colonna dell'Eretteo sono attualmente al British Museum. Si può quindi dire che i marmi del Partenone sono quasi equamente divisi tra Atene e Londra.
Ed è proprio perché le sculture superstiti sono separate da più di 2000 chilometri che il governo greco ha chiesto la restituzione dei Marmi del Partenone che attualmente si trovano al British Museum, in modo che possano essere riuniti in un'unica collezione, in un museo da costruirsi ai piedi dell'Acropoli, sulla quale si ergono le rovine del Partenone



Dal sito della fondazione italiani.it ecco una straordinaria notizia che rafforza i legami affettivi tra greci e italiani e che mi ha regalato una gioia immensa.

ATENE 2 DICEMBRE 2008
"Un’onorificenza da parte della Grecia è arrivata a tre accademici, di cui due italiani e uno tedesco. Il ministro della Cultura greco, Michail Liapis, ha voluto ringraziare gli accademici per il contributo reso agli sforzi, da parte delle autorità elleniche, per far tornare in patria i marmi del fregio del Partenone, conservati per la maggior parte nelle sale del British Museum di Londra. Tra gli accademici ringraziati nel corso di una cerimonia - alla presenza, tra gli altri, dell’ambasciatore italiano in Grecia Giampaolo Sacarante – anche Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica italiana per la conservazione del patrimonio artistico, e professore di filologia micenea all’Università di Napoli, insieme alla professoressa Antonia Sofikitou, presidente del Comitato italiano per la restituzione del Marmi del Partenone e docente di letteratura greca all'Università di Palermo. Oltre a loro anche il professor Tonio Holscher, professore di archeologia classica all'Università tedesca di Heidelberg. Liapis ha encomiato "il contributo inestimabile" dato dai tre accademici agli sforzi greci per il ritorno dei fregi del Partenone. La cerimonia è coincisa con la restituzione alla Grecia di un frammento architettonico dello storico monumento da parte della cittadina svedese Martha Dalhgren che lo aveva ereditato dal nonno austriaco, soldato nella Seconda guerra mondiale. Lo scorso settembre inolte, dal Museo Salinas di Palermo, era stato restituito all’Acropoli un frammento dei marmi del Partenone, in occasione della visita ad Atene del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il gesto aveva avuto grande eco sui media, e a novembre i Musei Vaticani avevano a loro volta restituito un altro frammento. I gesti sono stati interpretati in Grecia come un chiaro sostegno agli sforzi per convincere il British Museum a riconsegnare i fregi sottratti all'inizio dell'Ottocento dal diplomatico inglese Lord Elgin."