giovedì 17 aprile 2008

Agenda Internazionale

Inauguro la rubrica Agenda Internazionale, pubblicando senza molti commenti, due notizie che ho scovato, la prima sul sito "rinascitabalcanica.com" e la seconda su diversi quotidiani italiani.

A)Gli Albanesi, questi sconosciuti.
Gli incidenti tra la popolazione di Himara, Albania, di minoranza greca, e la polizia albanese rischia di creare un caso di forte intolleranza all’interno della regione. Il Ministro greco, arriva in Albania per assicurarsi del ristabilimento della situazione, e nel corso dell'incontro con gli abitanti di Himara, la popolazione chiede la propria autonomia e la cittadinanza greca.

Dopo gli scontri tra un gruppo di civili, che hanno protestato contro il duro atteggiamento degli agenti di polizia nei confronti di un gruppo di ragazzi greci, è giunto in Albania, con una visita del tutto inaspettata il Vice Ministro degli Esteri greco Theodhoris Kasimis, accompagnato da rappresentanti dell'ambasciata greca a Tirana. Il Ministro greco, arriva in Albania per assicurarsi del ristabilimento della situazione e per accertarsi dell’accaduto, è stato accolto dal sindaco di Himara, Vasil Bollano, e accompagnato in visita presso una scuola greca per rivolgere il suo discorso agli abitanti di Himara e ai rappresentanti dell'organizzazione “Omonia”. All'incontro non hanno preso parte gli ufficiali albanesi e i rappresentanti delle istituzioni nazionali, mentre il perfetto della Regione di Valona non è stato avvisato della visita nè da parte dell'ambasciata greca e nè dal comune di Himara.
Nel corso della discussione, gli abitanti hanno a gran voce fatto appello all'autonomia territoriale della minoranza greca a Himara, lanciando slogan per ottenere la cittadinanza greca e il diritto a votare in Grecia. Gli abitanti di Himara hanno così sfruttato l`incontro con il Vice Ministro greco per far valere le rivendicazioni della loro autonomia in quanto minoranza greca, mostrando cartelloni con slogan anti-albanesi, dallo sfondo composto con bandiere greche, e accompagnando la cerimonia al suo dell'inno greco, cantato rigorosamente in lingua greca non solo dai cittadini ma anche dagli ufficiali di Himara. Durante l`incontro, trasmesso anche dai media greci, il Vice Ministro greco si è direttamente rivolto alla popolazione, rispondendo alle richieste di autonomia e di cittadinanza dei presenti, affermando che "i confini non sono importanti quando si può sentire la Grecia e funzionare come la Grecia". "Noi non siamo né negli anni `40 e né negli anni `50 - ha affermato Kasimis - ma siamo in un periodo in cui i confini non più valore, sono dettati da come ci sentiamo e nel modo in cui ci gestiamo. Oggi la Grecia si può sentire anche qui. Voi dovete rimanere qui. Il resto sono solo piccoli dettagli, che nessuno toglie dalla nostra anima". "Posso capire come vi sentiate e vi do ragione, ma ogni Stato ha le sue regole e per il momento non si può creare un procedimento speciale per ognuno di voi, e anche un unico procedimento non riesce ad includere dei casi particolari", risponde Kasimis alle domande di un cittadino di Himara che chiedeva di avere la cittadinanza greca. Il sindaco di Himara, da parte sua ha così definito l`incontro come l’ottima dimostrazione dei buoni rapporti fra i due paesi, ma ha condannato gli eventi di Himara, affermando che "ciò che è accaduto, al di là del motivo, è totalmente inaccettabile". "La polizia della posta di Himara ha aperto il fuoco in aria, nel centro della città, terrorizzando tutti gli abitanti. Una cosa simile non accadeva dal 1997, e neanche allora c'è stata una simile reazione da parte della polizia", ha affermato il sindaco Vasil Bollano.
Secondo una prima ricostruzione degli eventi, a scatenare l'ira della popolazione di Himara è stato il maltrattamento della polizia nei confronti di un gruppo di sette giovani, di minoranza greca, condotti alla stazione di polizia dopo un controllo da parte degli agenti. Secondo le testimonianze i ragazzi - alcuni di essi appartenenti all'Associazione Omonia, tra cui Erjon Rrapi e Manol Zoto, e Robert Bollano, parente del sindaco di Himara Vasil Bollano - sono stati fermati per un controllo di routine, e, dopo non aver mostrato i documenti di identità dalla polizia, sono stati aggrediti. Secondo la versione ufficiale fornita dalla polizia, i ragazzi sono stati fermati perché le auto dei giovani avevano targhe straniere, e trattenuti al posto di blocco solo per due ore. I ragazzi, secondo quanto hanno testimoniato gli agenti, si sono rivolti con toni offensivi e hanno opposto resistenza ai pubblici ufficiali. Dopo essere stati condotti presso il comando di polizia nella giornata di mercoledì, sono stati rilasciati nella serata stessa. Tuttavia, nelle prime ore della mattina di giovedì il padre del giovane Manol Zoto, Vasil Zoto, ha animatamente discusso con gli ufficiali delle forze d`ordine affermando che suo figlio è stato maltrattato e colpito al viso, causandogli la frattura del naso.
Verso le 17:30 dello stesso giorno, una pattuglia della polizia - estranea agli eventi di mercoledì - è stata colpita con un grosso corpo contundente. Secondo la polizia, questo è bastato per far sì che si unisse una folla di 60 persone che hanno iniziato a seguirli tirando sassi contro i poliziotti che si allontanavano in direzione del comando della polizia, e a gridare, “via la polizia da Himara”, “avete picchiato i nostri ragazzi”, “che venga chiusa la stazione della polizia”, “Vogliamo poliziotti greci per fare le indagini a Himara”. Alle dure reazioni della popolazione, la polizia ha risposto sparando dei colpi in aria per allontanare le persone e fermare il lancio delle pietre. Fonti della polizia hanno tuttavia chiarito che durante gli scontri è stato ferito solo leggermente un ispettore della polizia, ma non sono state fornite ulteriori informazioni. I protestanti hanno così rivendicato la violazione dei diritti dei ragazzi, maltrattati fisicamente, presentando la corrispondente contro denuncia, che tuttavia è stata respinta. Rifiutandosi di accettare la denuncia contro le violenze subite dai ragazzi, un gruppo di civili ha organizzato una protesta davanti il comando della polizia chiedendo che venga fatta giustizia. Dopo gli incidenti è stato deciso di licenziare i due poliziotti, mentre la Procura di Valona ha deciso di aprire ulteriori indagini per definire le cause. L'aggravamento della situazione ha necessitato la presenza del Direttore della Polizia della Regione, Vehbi Bushati, il Vice Direttore, i dirigenti della Procura della Regione, il prefetto di Valona Xhevahir Rexhepi ma anche diverse forze della polizia di Valona e di Fier. La situazione si è calmata solo dopo la mezzanotte, dopo l`incontro svoltosi presso il Comune, alla presenza del sindaco Vasil Bollano, e dei rappresentanti della Regione. Il giorno successivo alle tensioni sono stati licenziati i due poliziotti, colpevoli di aver picchiato i ragazzi arrestati, mentre la Procura di Valona ha intrapreso le indagini per chiarire le cause e individuare i responsabili dell`attacco nei confronti della polizia e il ferimento dei due agenti.

B)I Kosovari.... i soliti noti
MILANO - Dura accusa dell'ex Procuratore generale del Tribunale Penale Internazionale, Carla del Ponte, nei confronti di alcuni leader kosovari, tra cui l'attuale premier Hashim Thaci. In un libro, scritto insieme al giornalista del 'New York Times' Chuck Sudetic, la Del Ponte sostiene infatti che queste persone sarebbero coinvolte in un traffico di organi e spiantati ad almeno 300 prigionieri serbi nel corso del 1999. Gli organi - prelevati in un carcere albanese - sarebbero poi stati inviati a cliniche straniere dove si trovavano pazienti in attesa di trapianto. "I dirigenti di livello intermedio e alto dell'Uck erano al corrente di quanto accadeva ed erano coinvolti in modo attivo nel contrabbando di organi", scrive la Del Ponte. (Agr)

Orrore nel Kosovo "liberato" dalla NATO: 300 serbi uccisi per vendere gli organi al mercato nero Una montagna di cadaveri, queste le basi fondanti il nuovo stato fantoccio del Kosovo, riconosciuto dal governo Prodi. In questi giorni è venuta alla luce, una delle pagine più oscure ed orribili dai tempi del Terzo Reich ad oggi: il rapimento e l'assassinio di oltre 300 prigionieri serbo kosovari, avvenuto nell'estate del 1999, subito dopo l'occupazione del Kosovo da parte della Nato, con la presenza nella provincia serba di decine di migliaia di soldati della Nato, della KFOR, di rappresentanti internazionali dei diritti umani, giornalisti,pacifisti, ecc. ecc....evidentemente tutti molto distratti o troppo impegnati a raccogliere interviste e informazioni sulle presunte violenze e persecuzioni perpetrate dai serbi. Questi uomini dopo essere stati rapiti venivano deportati in campi dell'orrore in Albania, dove gli venivano espiantati ad uno ad uno i vari organi del corpo, per poi immetterli nel traffico internazionale d'organi diretto verso l'occidente e finanziare così le attività dell'UCK (forse solo i nazisti erano giunti a tanto). Questo è quanto è emerso dalle pagine del libro " La caccia" in uscita in Italia nel mese di Aprile, un autobiografia dell'ex procuratrice Carla Del Ponte del Tribunale Internazionale dell'Aja per la ex Jugoslavia, che ha perseguito per anni, soprattutto i leaders serbi, per le varie guerre balcaniche. I rapiti, furono prima rinchiusi in campi a Kukesh e Trpoje, poi dopo essere stati esaminati da dottori albanesi per poter verificare quali fossero i più sani e robusti, venivano portati a Burel e dintorni,nell'Albania centrale, dove erano ben rifocillati, curati e non torturati, in modo da essere pronti per la mutilazione degli organi.La Del Ponte ha detto che una parte di questi era rinchiusa in una casa gialla, situata a circa 20 chilometri a sud della cittadina albanese di Burel, in una stanza vi era una specie di infermeria, dove venivano asportati gli organi ai prigionieri. Poi questi venivano spediti attraverso l'aeroporto Madre Teresa di Tirana, verso le destinazioni occidentali che avevano pagato per poter effettuare i trapianti. In questi campi vi erano anche molte donne provenienti dalle province kosovare, dalle repubbliche ex jugoslave, dall'Albania,dalla Russia e altri paesi, anche a loro furono poi estratti gli organi prima di essere uccise. La Del Ponte, oggi ambasciatrice svizzera in Argentina, con queste rivelazioni postume, ha causato, innumerosi ambienti politici, giuridici e giornalistici, sia in Serbia che a livello internazionale, durissime reazione anche diplomatiche.L'ex procuratrice conosceva l'esistenza di questi lager sin dal 2003,quando un testimone diretto, ex combattente dell'UCK, rese una deposizione all'Aja, sotto copertura di protezione per la suasicurezza con la sigla "K 144", in cui dichiarò di aver partecipato personalmente a questa operazione e che essa era stata condotta sotto la diretta supervisione di Hasim Thaci allora uno dei comandanti generali dell'UCK, attualmente primo ministro del narcostato Kosovo,autoproclamatosi "indipendente" sotto la protezione della NATO. La DelPonte ha dichiarato che, dopo aver avuto queste segnalazioni circa questi campi dell'orrore, fece un sopraluogo nel 2003 con un gruppo di investigatori dell'Aja ed un procuratore del Tribunale di Tirana evisitarono proprio la famigerata "casa gialla" vicino Burel. "...Quandola visitammo era diventata bianca, ma vi erano evidenti tracce dipittura gialla scrostata, era evidente che era stata ridipinta...".Nelle vicinanza della casa furono rinvenuti garze, medicamenti,siringhe usate, flaconi del sangue e vuoti, tracce di medicinalianestetizzanti e medicine rilassanti i muscoli, tipiche per leoperazioni chirurgiche. All'interno della casa furono anche scopertetracce di sangue essiccato, una stanza di uno dei piani era moltopulita quasi fosse stata in precedenza disinfettata e sterilizzata,una specie di camera operatoria di fortuna. Ma in accordo con gliinvestigatori, pur ritenendo probabili le dichiarazioni dei testimoni circa la casa degli orrori, fu ritenuta "impossibile" l'apertura diuna indagine che ricostruisse l'intera vicenda, ha dichiarato l'ex procuratrice.Parla un testimone diretto, il teste K 144Il testimone dichiarò che questa operazione di traffico d'organi era"... un ben organizzato e molto redditizio business per le cassedell'UCK. Esso era controllato dai comandanti e con il beneplacitodello stato albanese...". "... Nel corso di questa azione furono espiantati circa trecento reni e oltre cento altri organi a questi prigionieri, in alcuni casi anche il cuore... e poi venduti attraversol'Italia. Io so che il valore di un rene era tra i 10.000 e i 50.000marchi tedeschi. Si diceva che quest'operazione aveva fruttato oltrequattro milioni di marchi tedeschi. Esisteva una precisa documentazione, tutti gli organi estratti erano registrati con accantol'ammontare di quanto ricavato; i rapporti venivano consegnati aicomandanti locali, che li davano poi a Thaci in persona. Il comando UCK teneva l'80% del ricavato ed il resto veniva diviso tra gli uomini che avevano organizzato l'espianto ed il trasporto degli organi...".Così il testimone dell'Aja aveva descritto questa mostruosa operazione, nella sua deposizione. Secondo lui nel 1999 esistevano nelnord dell'Albania, più campi di prigionia per questo traffico d'organi, dove venivano portati i serbi rapiti nel Kosovo. I nuovi Mengele: "...era un sistema ben congeniato. Alcuni dottori visitavano iprigionieri, facevano una cartella sanitaria di ciascuno, quandoarrivava dall'Italia la richiesta di quali organi servivano, essiindicavano chi andava preso per l'espianto; venivano poi anestetizzati, i loro organi estratti e poi lasciati morire...Nel caso fossero giovani e sani, dopo aver levato un organo, venivano ricuciti e curati, in attesa di levargli altri organi. Ma tornando essi tra gli altri prigionieri, questo creava panico e terrore tra gli altri, così venivano isolati..."; ha dichiarato il teste K144. Egli ha aggiunto chei corpi venivano poi sepolti in fosse comuni lì vicino. "...La fossacomune più grossa, con circa cento corpi di serbi, era situata a Burel nell'Albania centrale: io ho partecipato personalmente all'opera di seppellimento di alcuni serbi in quel luogo. Quando vi fu sentore di indagini e pericolo di scoperta di questa fossa, fu riaperta ed i corpi sparsi in un'altra dozzina di luoghi lì attorno...".Questotestimone ha anche dichiarato che c'erano anche alcune dozzine di prostitute prigioniere, le quali dopo essere state usate per il piacere, furono poi, dopo esami medici, anche loro mutilate dei loro organi vitali prima di essere uccise. "...Erano donne russe, romene,moldave, quando io chiesi una volta che fine avessero fatto, mi fu risposto che avevano terminato di fare il loro lavoro...". Questi i fatti finora documentati, ora si stanno aprendo procedimenti e denunce contro la Del Ponte, da parte di Associazioni serbe dei rapiti, da parte della Corte di Belgrado e del governo serbo che hanno chiesto di vedere il libro per poter decidere cosa fare; di Corti internazionali;di Associazioni internazionali dei diritti umani (...quelle nonfinanziate o supine alla Nato); di cancellerie di alcuni paesi e anche associazioni di medici e altri. Nel frattempo il governo svizzero ha chiesto alla Del Ponte di non partecipare a presentazioni pubbliche del suo libro e di rientrare al più presto in Argentina, in quanto non è accettabile che un esponente ufficiale della Svizzera, quale è lei,divulghi quel tipo di informazioni. Si badi bene, non si contesta la veridicità delle cose, ma semplicemente l'opportunità di dirle! Certo è un pochino imbarazzante per la Svizzera, avendo proprio nei giorni scorsi aperto l'ambasciata a Pristina, come riconoscimento ufficiale del nuovo Kosovo. Una cosa è certa, la verità, come sempre nella storia, a fatica, tra mille ostacoli, poco alla volta, come fili d'erba che si conquistano la luce attraverso il cemento/armato,rovesciato sulle terre jugoslave dalla NATO e dall'occidente, sta affiorando: ci sarà ancora molta strada da percorrere, ma le prime macroscopiche crepe cominciano a delinearsi anche per la tragedia del Kosovo; dalle fosse comuni mai ritrovate (dati OSCE, KFOR, FBI,UNMIK), dalle stragi mai avvenute (Racak per esempio), al genocidio mai avvenuto, alla pulizia etnica, questa sì avvenuta, ma cominciata nel giugno '99 contro tutte le minoranze non albanesi, alla "libertà/indipendenza"conquistate...mediante la costituzione di un narcostato fantoccio, sottol'egida NATO. E così via. Ma è solo con la verità storica, che forseun giorno vi potrà essere, anche giustizia, per tutti i popoli delKosovo Metohija, a partire dal popolo serbo, aggredito, additato,umiliato ma non ancora vinto. Nonostante tutto ancora in piedi abattersi per la verità, la giustizia, la propria dignità e identitànazionali oggi violentate e calpestate. Allora torneranno giustizia,convivenza e multietnicità, come è ancora oggi nella Serbia multietnica e multireligiosa, dove, nonostante difficoltà e rabbie,TUTTE le minoranze possono ancora vivere con parità di diritti,compresa la numerosa comunità albanese, al di là di ogni etnicità. Sipuò dire così anche del " libero Kosovo" inventato dall'occidente?


panos-pigreco

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