giovedì 17 aprile 2008

GLI OPLITI SPARTANI

PUBBLICO PER GLI AMICI ITALIANI QUESTO BELLISSIMO ARTICOLO SULLA TATTICA MILITARE DEGLI OPLITI SPARTANI.E' UN ULTERIORE TRIBUTO ALLA GRANDIOSITA' DI SPARTA.












"Il sacrificio degli Spartani" dipinto gentilmente offerto dall'artista Giuseppe Rava





Plutarco nella vita di Agesilao re di Sparta racconta che durante una campagna contro Tebe negli anni 370, gli alleati degli Spartani si lamentassero di dover contribuire alla guerra con molti più soldati di loro.«Fu allora, si racconta, che Agesilao [...] li fece sedere tutti in un gruppo da una parte, alla rinfusa, e i Lacedemoni da un'altra parte per conto proprio; poi ordinò all'araldo di far alzare quanti fra i soldati erano vasai. Appena questi furono ritti, fece alzare i fabbri, poi di seguito i falegnami, i muratori e via via gli altri artigiani. Ben presto si trovarono in piedi al completo gli alleati, mentre i Lacedemoni erano ancora tutti seduti: vige infatti a Sparta la proibizione di esercitare o imparare qualsiasi mestiere. Agesilao rise allora e disse: "Osservate, o signori, quanti più soldati di voi mandiamo in guerra"».Impossibile dare torto ad Agesilao: gli Spartani erano gli unici opliti greci professionisti, dediti alle esercitazioni militari fin dalla più tenera età, e quindi ritenevano di poter reclamare il diritto di stabilire come, quando e perché andare in guerra.Oggi noi saremmo portati a considerare altrettanto importante, se non superiore, lo sforzo dei cittadini-soldati alleati di Sparta, e non comprenderemmo perché fossero costretti ad abbandonare le proprie attività per una guerra della quale in larga parte non condividevano i frutti e comunque non decidevano né influivano sulla conduzione.Ciò che pesava in modo definitivo in favore degli Spartani era proprio il loro professionismo militare che li collocava su un piano di superiorità così accentuato da esprimere una forza di convincimento alla quale era molto difficile opporsi per un oplita"dilettante".In altre parole: dato il sistema di guerra oplitico, o con la terminologia di oggi la "dottrina" oplitica, gli Spartani l'avevano così approfondita e sviluppata da farne il centro del loro vivere sociale. E in questo modo un sistema bellico "dilettantistico" nato per venire incontro alle esigenze difensive primarie di semplici cittadini, si era trasformato nella prima cultura militare pervasiva della storia.Alla base della falange oplitica era il senso di appartenenza e di eguaglianza tra i suoi membri: gli Spartani lo trasformarono in vero e proprio spirito di corpo con uno stile di vita che cominciava ad inculcarne i principi fin dalla più tenera età.Gli uomini che avrebbero combattuto assieme, vivevano anche assieme, si esercitavano assieme e contemporaneamente venivano incitati a competere con altri gruppi analoghi: Hetaireiai come quelle che conosciamo per Alessandro Magno che in epoche successive divennero delle Phratra, confraternite.La forza fisica, la resistenza alla fatica, alle privazioni e alle intemperie diventavano così una "performance" non solo singola ma anche di gruppo, e i legami che si costituivano divenivano connaturati ad ogni singolo spartano come un vincolo di consanguineità.Innumerevoli i dettagli aneddotici che ci sono pervenuti, segno che per primi i Greci si stupivano dello stile di vita degli opliti lacedemoni.Sappiamo da Ateneo, ad esempio, che gli Spartani cominciavano il loro addestramento militare a cinque anni imparando a ballare armati le cosiddette Phyrriche: questo non solo per rafforzarli fisicamente, ma soprattutto per instillare in loro il senso del ritmo e la destrezza necessari a muoversi ordinatamente nella falange, movimento che avverrà ancora con l'aiuto della musica, mediante suonatori di flauto. Il lungo apprendistato al quale i giovani Spartani venivano sottoposti aveva in sé qualcosa di spietato e crudele e quando scendevano in guerra difficilmente poteva capitare loro qualcosa di peggio di ciò che avevano esperito nel loro apprendistato: gli unici uomini al mondo, sostiene Plutarco, che vivevano il combattimento come una riposante pausa dall'addestramento.Un combattimento tanto agognato da richiedere anche una particolare preparazione estetica: dopo opportuni esercizi di riscaldamento, gli Spartani pettinavano e sistemavano accuratamente i propri capelli in lunghe trecce.In battaglia l'intenso addestramento forniva agli opliti spartani i vantaggi più importanti.Innanzitutto l'abitudine alle manovre collettive svolte al suono del flauto permetteva loro di muoversi con maggiore ordine e più rapidità: due qualità decisive nei combattimenti oplitici.Inoltre gli Spartani sapevano compiere manovre sconosciute agli altri opliti: ad esempio quella che vedete schematizzata qui sotto è descritta con ammirazione da Senofonte e permetteva agli Spartani di passare dalla formazione di marcia a quella di combattimento manovrando direttamente le proprie unità minori, le Pentekostye di 50 uomini, in modo che sul fronte rimanessero il comandante, il Pentacontarco e i capifila, gli Entomotarchi: ed è probabilmente la stessa usata dai romani per schierare le centurie nello schema manipolare della legione. Gli Spartani, poi, potevano anche cambiare fronte nel caso venissero attaccati alle spalle, e avevano ben due manovre di contromarcia per questa evenienza.Qui sotto la contromarcia spartana più elaborata:Un'altra particolarità spartana era il combattimento con la spada che gli altri opliti non solo non praticavano, ma che alcuni strateghi consideravano disonorevole: nel Lachete di Platone è riportata un'animata discussione tra due strateghi, Nicia e Lachete, e quest'ultimo non esita a definire vile chi si si esercita all'uso delle armi.Il combattimento singolo non era contemplato nella pratica falangita comune: la falange era una realtà unitaria e qualsiasi "individualismo" minava l'uguaglianza sostanziale dei suoi membri.Al contrario gli Spartani non portavano la spada solo pro forma, ma se ne addestravano all'uso: nelle fasi finali della battaglia delle Termopili, quando ormai tutte le lance erano spezzate, gli uomini di Leonida impugnarono le xiphoi, dei coltellacci lunghi circa 30 cm. più che delle spade, e combatterono fino all'ultimo con quelle.

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